Riapre la strada del deserto tra Giordania e Iraq

Due anni di chiusura tra Giordania e Iraq, che adesso tornano a incontrarsi. La fine di settembre ha visto riaprirsi il confine tra i due Paesi, che era sigillato dal 2015, quando le milizie dello Stato Islamico avevano attaccato con camion bomba e kamikaze le postazioni irachene. Due anni di chiusura totale, anche per permettere e facilitare le operazioni militari della coalizione avversa al sedicente Califfato. [articolo pubblicato su MediTelegraph]

Due anni superati adesso da un convoglio di venti camion, che hanno attraversato la frontiera lo scorso 1 ottobre. A metà agosto il Ministro della Difesa iracheno, Irfan Mahmoud al Hayali, aveva preannunciato la possibilità di tornare a un sistema di scambio commerciale tra i due Stati. Il primo passo prevedeva la riapertura del valico di Trabil, per poi iniziare a cooperare attivamente sul fronte anti-terrorismo. La fragile stabilità interna dell’Iraq, che adesso fronteggia anche i passaggi politici del referendum curdo, viene ringalluzzita da un ritorno alla “normalità” sul fronte commerciale occidentale. Le forze irachene hanno assicurato alla controparte giordana di aver messo in sicurezza la strada internazionale che mette in relazione la provincia di Anbar con la frontiera.

Il passaggio di Karameh-Trabil vedrà quindi riprendere gli scambi commerciali, soprattutto per le importazioni irachene. La porta di Karameh-Trabil è l’unico passaggio tra i due Stati, e contava quasi un milione di attraversamenti all’anno fino al 2013. Il valore dell’export giordano nei confronti dell’Iraq ammonta a circa 480 milioni di euro, anche se l’intenzione è quella almeno di duplicare il totale entro breve. Anche le esportazioni agricole hanno ripreso la direzione Amman-Baghdad, grazie alle 3200 tonnellate di frutta che hanno attraversato il confine prima della fine di settembre. Prima della chiusura del 2015, le tonnellate di prodotti agricoli che arrivavano in Iraq dalla Giordania ammontavano a oltre 2000 tonnellate quotidiane.

E se Baghdad ha sofferto enormemente per la perdita di approvvigionamenti, lo stesso vale per le aziende giordane, che hanno visto ridursi del 70% il valore delle proprie esportazioni agricole. Ma gli effetti sul commercio si sono già visti nelle prime due settimane di ottobre, quando le importazioni irachene dal confine hanno raggiunto le 5000 tonnellate di prodotti alimentari. La riapertura dei valichi punta anche al riprendere il collegamento tra Basra, in Iraq, e la città portuale di Aqaba, in Giordania. Il terminal di Aqaba rappresenta uno snodo strategico fondamentale non solo per il commercio, perché significa poter bypassare migliaia di chilometri di territorio iracheno, puntando invece verso ovest. Aqaba fornisce svariati servizi portuali, ed è utilizzato come sito di transshipment, porto traghetti con collegamenti diretti verso l’Egitto, silo granario e come hub logistico – grazie alla presenza di importanti infrastrutture autostradali, aeroportuali e ferroviarie.

La Giordania, nonostante il pericolo dello Stato Islamico, e nonostante le difficoltà per la gestione dei profughi siriani, continua a sviluppare la propria industria. La manifattura giordana e le industrie farmaceutiche si stanno aprendo ai mercati internazionali, e Amman vuole supportare gli sforzi e gli investimenti privati. Anche per questo motivo è naturale che la riapertura fisica del confine tra Giordania e Iraq sia motivo di grande stimolo economico per entrambi gli attori, che possono tornare a beneficiare chi del mercato, chi dei beni primari di cui necessita.

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Il riavvicinamento tra i due Paesi è visibile anche nelle politiche più simboliche, come la partecipazione della neonata nazionale irachena di rugby a Petra a inizio ottobre. Le variabili politiche mediorientali, però, sono notoriamente molto più complesse che in altre regioni. Ecco allora che gli sviluppi del referendum sull’autonomia del Kurdistan iracheno – svoltosi il 25 settembre scorso – rischia di complicare la stabilità della regione. Ma se il Kurdistan vuole vedere un risultato politico nel Nord dell’Iraq, a Ovest il valico di frontiera può dirsi finalmente aperto, con reciproca soddisfazione di Amman e Baghdad.

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